Non è un mistero: il mio personaggio preferito di Star Wars è Darth Vader, tanto da avercelo tatuato su una coscia, in modalità santo.
Non si contano, però, le volte in cui mi è stato chiesto PERCHÈ io adori così tanto Anakin e non Yoda o Obi-One.
In fondo lui è cattivo, no? È brutto tatuarsi i cattivi, no? Non sta bene.
Quindi a poco più di un mese dall'uscita di Episodio VII mi sembra doveroso dedicarci un post, anche perché ricordiamolo: Anakin/Vader è l'unico e vero protagonista di Star Wars.
CHIARO, ABRAMS? LUI È IL PROTAGONISTA.


Riassumendo potrei dire che Anakin è uno di noi.
Ci rifiutiamo di credere che in tutti noi ci sia un piccolo Vader. Conoscendo l'esito della sua parabola inorridiamo al solo pensiero di essere accostati a lui, e ci rassicura il fatto che sia un essere semidivino, col quale non abbiamo molto da spartire. Eppure tra il Prescelto che si danna e noi comuni mortali non esiste affatto l'abisso che crediamo.
Dinanzi alla tentazione del potere e al peccato nessuno di noi è immune. Se di pochi è la colpa, di tutti è la tentazione.

Conosciamo Vader nella trilogia classica, dopo la sua trasformazione; il passaggio al Lato Oscuro della Forza era già avvenuto, e non ci era dato sapere cosa lo avesse spinto su quella strada: era il "cattivo" del film e basta, sapevamo che provava odio nei confronti di Obi-Wan, suo antico maestro e che un non meglio specificato evento ne aveva provocato la trasformazione da Cavaliere Jedi a Oscuro Signore dei Sith.
Che detta così è la tipica descrizione di un personaggio bidimensionale, un cattivo 'dato per scontato', nato così perché di sì, senza spiegazione per i suoi comportamenti.
Ma in Anakin/Vader c’era molto di più sotto la terrificante maschera nera e lo si intuiva chiaramente. Il suo aspetto (un’armatura di sostegno vitale con tanto di respiratore artificiale), la sua conversione al bene nell’ultimo episodio e le tante allusioni al passato che caratterizzavano la Trilogia Classica lasciavano supporre che questo personaggio avesse molto da raccontare.
E INFATTI.

L'idea forte dei prequel è che Anakin non fosse semplicemente cattivo, non dalle origini. 
Anzi, il piccolo Anakin di Episodio 1 era un bambino altruista, un cherubino biondo i cui tratti angelici non sono certo frutto del caso.
Perché il cuore di Vader è questo ed è la parte che io amo di più: malvagi si diventa, non si nasce, come Lucifero.
Circostanze e persone possono di volta in volta agire da attenuanti o da aggravanti; l'unico dato certo è la portata della loro influenza sul cammino del protagonista, che non è mai un'individualità isolata.
Anakin è sì in ultima analisi responsabile delle proprie scelte come ogni altro essere senziente, ma le persone che circondano il ragazzo si spartiscono parte della responsabilità.

Forse l'unica cosa positiva della nuova trilogia (a proposito, come chiameremo la prossima? Nuovissima trilogia?) è lo sviluppo di questo personaggio che si attesta come una figura tragica caratterizzata dal potere enorme che possiede e dalle libertà che gli sono negate.
Non è libero di aiutare sua madre: le rigide regole dell’ordine dei Jedi proibiscono i legami con tutto ciò che è terreno, puntando a un ascetismo totale che impone il distacco persino dalle emozioni; e l’attaccamento a sua madre (già sviluppato in lui, come vediamo in Episodio I) rappresenta un ostacolo al suo apprendistato.
Non è libero di farsi una famiglia: le stesse regole gli impediscono di legarsi in matrimonio con Padme, il suo primo ed unico amore, se non tenendolo nascosto.
Non è libero di agire: Obi-Wan lo frena continuamente, usando una cautela estremamente frustrante, a volte umiliante, e forse non del tutto giustificata (diamo un po' di fiducia a questi giovani, no?).
E non è nemmeno libero di sfogare la sua rabbia, i cui eccessi potrebbero portarlo al Lato Oscuro, essendo costretto a controllarsi sempre, con una calma autoimposta e per questo dannosa.

Possiamo onestamente dire che noi, nei suoi panni di giovane ragazzo promettente con il più alto numero di midichlorian mai riscontrato in un essere vivente, avremmo agito diversamente?
Non credo. Almeno: io no di sicuro.
Nessuno può veramente, completamente, essere potente e umile allo stesso tempo, soprattutto se non ha l’età e la maturità dell’esperienza; e purtroppo Anakin cresce in fretta. Troppo in fretta. E non è preparato al suo destino. Sì, ok, c'è Obi-Wan, ma non è una figura autorevole e capace come la condizione di Anakin richiederebbe. 
Mace Windu e Yoda compiono la grave imprudenza di affidare all'inesperto Obi-Wan (forse decisi a rispettare la memoria di Qui-Gon) non un normale padawan ma uno già attaccato a precedenti affetti, e per di più dotato di poteri eccezionali tanto da far pensare alla Profezia sul Prescelto. E Obi-Wan insegna col guinzaglio corto.
Purtroppo qualcuno ci vede più lungo del Consiglio: il Cancelliere Supremo Palpatine.
È lui la figura paterna che mancava ad Anakin: il Cancelliere sembra accordargli stima e fiducia, lo lusinga, anche se in realtà —cosciente del potenziale del ragazzo— spera solo di usarlo a suo vantaggio.

Da queste premesse alle infrazioni che compie l'irruento padawan è un attimo.
Perché ricordiamolo: il responsabile ultimo delle proprie scelte è solo Anakin stesso.
E non si abbraccia il male uccidendo di punto in bianco a destra e a manca, ma si scivola per piccoli passi, piccoli atteggiamenti, piccole infrazioni che allargano sempre di più la strada dell'immoralità.
Contestare sfacciatamente Obi-Wan, rubare un airspeeder a un senatore, aggredire Zam Wesell per via di Padmè, piegare il codice Jedi per giustificare il suo amore per lei, tutta la sua superbia, cedere subito alla tentazione semplicistica e filodittatoriale dell'unico uomo forte al comando, abusare dei propri poteri Jedi per delle sciocchezze come passare il cibo tagliato all'amata e via dicendo.
Sì, molti di essi sono apparentemente trascurabili rischiano di passare inosservati, ma è proprio l'abbassarsi della guardia sulle piccole cose a spianare la strada ai grandi cedimenti:

Ma non è tutto.
Anakin nasce schiavo, lontano dalla Repubblica e dall’indottrinamento precoce al quale i Jedi sottopongono le leve più giovani, ed ha quindi sviluppato una mente propria, non più plasmabile. Questo, unito al potenziale smisurato che possiede, spaventa i Jedi, che avvertono il pericolo latente che è in lui (incapaci di capire che il dolore del giovane per la separazione dalla madre ne sarà il catalizzatore) e lo guardano con sospetto.
Qui emerge il massimo paradosso: Anakin nasce puro ai margini della galassia, e comincia a cambiare proprio quando incontra “i guardiani della pace e della giustizia” al centro della stessa. 
Ai suoi occhi Padme è l’unica cosa buona e pura, in una galassia dove le guerre e le macchinazioni inghittono qualunque cosa, ma abbiamo già detto che gli viene negata anche questa gioia.

Anche il suo rapporto con la tecnologia è indicativo: Anakin si era liberato di quella trasmittente che impedisce ad ogni schiavo di scappare dal suo padrone, un dispositivo molto simile al “bullone di costrizione” che si applica ai droidi per garantirne il controllo (schiavi e droidi sono sullo stesso livello nella scala sociale dell’universo di Star Wars), solo per finire pochi anni dopo con un intero braccio artificiale, preludio alla perdita di umanità (sul piano fisico e su quello spirituale) che lo attende. 
Non riesce, quindi, a liberarsi nemmeno dalla tecnologia, una maledizione che lo accompagna per tutta la sua vita.




Il paradosso di essere il più potente di tutti e contemporaneamente il meno libero di gestire la propria esistenza lo pone di diritto nella schiera degli eroi potenti ma fragili.
Quindi ora ditemi voi come fate a non amarlo alla follia.

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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

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