Ciccicci a destra e a manca, o crapuzze vuote.
Oggi ben quattro persone mi hanno detto che sono una persona cattiva e, per chiudere in bellezza, stasera amica S. ha scritto nella chat comune di Whatsapp dicendo: A ottobre divento madre! Tutti hanno esultato, ma io avevo letto A ottobre viene mia madre! e ho reagito con una certa freddezza.
Anche dopo aver chiarito il malinteso, comunque.
Quindi potete bene capire che di recensire in maniera spensierata e allegra STAMMERDA non se ne parla.
Va detto che la puntata è abbastanza figa, quindi per completezza riporterò qui le mie esclamazioni via via che l'episodio scorreva:



- Eh? Gillyflower? Macosacazzo
- Madonna, ma te pensa innamorarsi davvero di Misfits e viverci insieme. Magari è anche una personcina posata, ma se ti svegli di notte perché gli vuoi parlare del passeggino del bambino e ti volti, ti viene un infarto. È come essere sposati con Jack Nicholson.
'Amore, ma passeggino o carrozzAAAAAARGH!
- Voglio vestirmi come Sansa. Sempre.
- Ma povero Sammy, daaaaaiiiiii
- Mado', due coglioni la parte dei mercanti di schiavi. Almeno stavolta c'è Daario?
- Go Sammy go, faja vede' cosa sai fare!
- Oddio, dice davvero 'more hands'!
- Daario sposa me, ti prometto eterna fedeltà
- Bronn, stessa richiesta di cui sopra
- Diofa, Stannis, dalle due sberle e finiamola qui
- Cersei fa la stessa faccia che fa mio padre quando porto a casa un fidanzato nuovo. Poi uno dice perché sono single.
- Vabbè, Tommen, sei coglione
- Sì, però, non si può fare niente a King's Landing!
- Sì, TROIA, COSì IMPARI


Tra l'altro non l'avrà notato nessuno, ma l'ultima scema è lo specchio della fine dell'episodio precedente


Bene, bypassato il problema recensione (mi sembra un riassunto chiarissimo, no?) passiamo al vero argomento di cui vorrei parlare.
L'episodio si intitola The Gift e per una volta lo trovo sbagliato: vista l'importanza all'interno delle vicende, l'avrei chiamato The Power Of Names.

(sì, raga, è uno spiegone dei miei)

La conoscenza del nome è, da sempre, considerata conoscenza autentica; pronunciare il nome equivale a plasmare un'immagine spirituale, rivelare l'essenza di un essere. 
Nominando si crea.
Il nome proprio, dunque, è un vero e proprio bene, che va difeso e tutelato, pena la perdita dell'identità, e del potere di conseguenza.
È quello che fanno, nell'immaginario comune, i maghi: controllano cose e persone grazie a nomi particolari, quando pronunciano le parole rituali, usano i suoni come materia animata per agire sul mondo esterno e modificarlo
Nominare è evocare: questo non è un concetto che è andato completamente perduto, nemmeno nel nostro presente. Si tratta di un'eredità tanto indebolita che si è resa mera scaramanzia, ma ancora oggi alcune persone evitano di pronunciare certe parole, ripiegando su parafrasi, come se - a dirle - si potesse in qualche modo spingerle a manifestarsi. 
Non si dice che una persona è morta, ma che è "passata a miglior vita". 
Non si dice che una persona ha un cancro, ma che ha "un brutto male". E ancora, se dobbiamo riferirci a persone o eventi sgraditi, non li nominiamo apertamente, ma diciamo "Quello lì, quello là...".

In GOT Theon viene privato del suo nome e trasformato nel pavido Reek; Aegon evoca il nome del fratello morto per portare vita nel figlio di Gilly (chiamato Gillyflower)(?); il dono di cui si parla nel titolo dell'episodio è in realtà Tyrion, dove però la sua ricchezza è EFFETTIVAMENTE il suo nome (e tutto quello che si porta dietro); Cersei come Margaery urla il suo essere regina (ma è un nome 'rubato' e non conquistato, quindi senza valore) e via dicendo.
Ma è tutta la vita che ci scontriamo con questo topo:
- La fiaba di Tremotino ha come punto focale proprio il nome e il suo potere: la principessa può domare il folletto solo nel momento in cui scopre come si chiama, come se, chiamandolo per nome, gli abbia messo addosso un guinzaglio, una catena, e sia passata da una posizione di inferiorità ad una di controllo.
- Un mito molto simile alla fiaba di Tremotino è quello di Iside e Ra. La dea Iside voleva conoscere il nome segreto di Ra, quello che le avrebbe permesso di avere potere su di lui e così lo avvelena. 'Dimmi come ti chiami?'
Lui abbozza 'Puoi chiamarmi come vuoi, bellezza: anche Paparino se vuoi' ma alla fine spinto dalla necessità (di non morire), cede (stava male, ma malemale, tipo un uomo con 37,2 di febbre. Per dire) ma glielo sussurra all'orecchio, cosicchè gli umani non riuscissero a sentirlo a loro volta, e quindi a controllarlo.
- Anche nella cultura romana il nome rivestiva un ruolo fondamentale nella vita dell’individuo: nomina sunt omina dicevano i Romani, che tradotto letteralmente significa i nomi sono gli uomini ovvero il nome è un presagio, il destino risiede nel nome.
- Poi ci sono Ulisse vs Polifemo. Cioè, se non sai il mito di Polifemo sei un idiota, non sto qui a spiegare l'ovvio
- Nella tradizione medievale e cavalleresca, invece, vi è il tema ricorrente del prode giovane che parte per conquistare il proprio titolo nobiliare: i cavalieri devono conquistarsi il proprio nome, riempirlo di gesta, storie e di significati che li contraddistinguano dagli altri. In poche parole devono costruirsi una propria identità.
- nella Turandot di Puccini assistiamo ad una sfida simile in tutto e per tutto a quella di Tremotino. Il principe Calaf, dopo aver risolto i tre enigmi a cui la principessa sottoponeva tutti i suoi pretendenti, la sfida a scoprire il suo nome entro l'alba successiva. Se ci fosse riuscita, lui avrebbe rinunciato a sposarla e si sarebbe consegnato al boia.
- Meno conosciuta, forse, è la Trilogia di Bartimeus (leggetela, mi ringrazierete) dove il giovane Nathaniel deve nascondere il proprio nome al demone Bartimeus, pena la perdita del suo potere sul jinn.
- E poi c'è La città incantata di Miyazaki (questo blog ha una densità Ghibli/parole pari al mercurio) e il trucchetto con il quale Yubaba costringe i lavoratori delle sue terme a sgobbare per lei: dopo aver fatto firmare loro il contratto di lavoro, si impossessa del loro nome. Quelli finiscono per dimenticarselo entro breve, e in quelle condizioni non possono né ribellarsi né andarsene.
Un vero contratto del Jobs Act.
Perfino un mago potente come Aku non se ne può andare fino a che la bambina non gli ricorda il suo vero nome.
Solo Chihiro riesce a mantenere il ricordo del suo nome, grazie ad un bigliettino che conserva gelosamente.
- Dr Who: mi ricordo quando sembrava che, nell'episodio seguente, avremmo scoperto il suo vero nome. Poi non è successo e per fortuna: THE DOCTOR è più di un nome. È una promessa. “Never Cruel, Nor Cowardly. Never Give Up, Never Give In.”
- E infine il mio nome: VALENTINA, scandito bene, per intero, lo dicono solo i miei. E solo quando ho fatto una cazzata. Io, quando faccio cose buone e giuste, non sono VALENTINA.

La parola definisce, dà un confine a un concetto, a un’essenza.
Vi è un legame strettissimo fra la parola, il nome, e l’essere a cui si riferisce.
Il nome è l’essenza dell’essere.
Quindi fatemi un favore: state attenti quando aprite quella cazzo di bocca.
Non dite cose a caso.
Non dite 'per sempre'.
Non dirmi 'per sempre': dimmi solo 'a domani', ma dimmelo ogni giorno.

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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

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