Red Band Society (Fox, pilot)

COS'È: 50 & 50 + Glee (senza le canzoni) in versione adolescenziale e seriale. Con una spruzzatina di My Mad Fat Diary che non fa mai male.

Prendi una manciata di ragazzini (facce nuove e in grado di recitare) e mettili in ospedale, ognuno con i suoi demoni.
Aggiungi un'infermiera meno burbera di quello che sembra, qualche medico, un fattone ipocondriaco e un padre coi sensi di colpa.
Tocco finale: un narratore in coma.
Ecco Red Band Society.

Se vi aspettate del facile pietismo, sono lieta di annunciarvi che potreste rimanere piacevolmente sorpresi: sì, i luoghi comuni ci sono, ma sono inseriti in modo da non appesantire la narrazione.
Ogni scivolone nel 'già visto' si riprenderà con un pugno nello stomaco più o meno forte.
E so cosa state per dire rispetto al narratore in voice over: quest'anno l'abbiamo visto diverse volte, ma questa volta si tratta di un escamotage realizzato in maniera formalmente corretta e distinta.
Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie (Matt Reeves, 2014)

COS'È: il sequel di un film che, a sua volta, era il prequel di un reboot.
Giuro.
Poi uno si chiede com'è che negli anni '80 uscivano sette film fighi a settimana.

Date le premesse non potevamo certo aspettarci la novità e l'originalità assoluta: sono ancora scimmie parlanti ed iperintelligenti (praticamente possono spiegare il concetto di autocoscienza a metà delle persone che conosco) VS una manciata di umani che non ha ancora capito che ammazzarsi senza sosta potrebbe non essere una mossa vincente.
A maggior ragione se ti ammazzi senza un vero e proprio motivo di fondo, ma così, per paura.
Settate, quindi, le TREMENDAMENTE ATTUALI basi, la storia si svolge senza grandi sorprese: i cattivi fanno i cattivi, i buoni fanno i buoni e sono biondi, i saggi hanno un casino di rughe.
Certo, da scimmie così intelligenti mi aspetterei che imparassero a coniugare correttamente i verbi (no, non pretendo il congiuntivo: anche lo sapessero usare, non ci sarebbero abbastanza umani a capirlo...) quindi no, non possiamo parlare di dialoghi particolarmente raffinati.
Doctor Who: Deep Breath (8x01)

COS'È: la dimostrazione che noi Whovian della primissima ora contiamo di più delle sciacquette che seguono il Dottore solo per il suo bel faccino.

Ci siamo lamentati per sei stagioni, sostenendo che 'sto Dottore diventava sempre più giovane e sempre più belloccio, perdendo così la sua vera natura (essenziale quando sei in giro da duemila anni e ogni tot ti rigeneri) e passando al lato 'oscuro' delle relazioni: quello romantico con le varie companions.
Capaldi è una scelta molto coraggiosa per una serie che era tornata in auge grazie soprattutto all'avvenenza degli attori scelti, a discapito della narrazione (che però non frega quasi mai a nessuno): per questo io l'ho amata da subito.
Resta però l'incognita Moffat e la gestione del nuovo Dottore.
Com'è andata?
A mio avviso, tremendamente bene!
Emmy Awards 2014 - vincitori e vinti (e grandi assenti)

All'alba dell'ennesima bufala sulla settima stagione di Breaking Bad (perché volete rovinare una cosa bella?), quanto meno il capolavoro di Vince Gillian si porta a casa un altro po' di premi, nonostante anche questi Emmy siano rovinati dalla costante assenza di Tatiana Maslany in fase di nomination e di Utopia.
Sono comunque successe un sacco di cose belle, vediamole insieme:



Manhattan (WGN, pilot)

COS'È: tutti i retroscena (umani e per questo bellissimi) del Manhattan Project.
Niente a che vedere con Woody Allen, mi dispiace.


'Welcome to nowhere'.
È così che un nativo americano accoglie Charlie Isaacs, una delle brillanti menti che il governo ha reclutato e segretamente spostato - insieme alle relative famiglie - in un avamposto dimenticato dal mondo nel deserto di Los Alamos, Nuovo Messico.
All'interno del campus, due squadre si fronteggiano per la costruzione della bomba atomica, in segreto rispetto a tutti, anche le mogli.
Manhattan si occupa proprio di questo: del conflitto morale degli scienziati che hanno lavorato al progetto.
Nella corsa agli armamenti se gli scienziati americani non costruiranno la bomba, lo farà la Germania, e nel frattempo centinaia di soldati americani continuano a morire ogni giorno.
Solo Oppenheimer è un personaggio storico realmente esistito, ma i turbamenti emotivi ed interiori degli altri scienziati sono tremendamente reali.
Selfie (ABC, pilot)

COS'È: la versione piena di hashtag di My Fair Lady.

Emy Pond è rimasta nei cuori di tutti noi Whovians, grazie alla sua bellezza e al suo incantevole accento scozzese.
Con Selfie Karen Gillian torna sui nostri piccoli schermi, priva, però, della sua meravigliosa cadenza.
Eliza Dooley (la versione moderna di Eliza Doolittle) è il tipo di persona che noi tutti abbiamo nella nostra vita e che ci sta abbastanza sul cazzo (a meno di non ESSERE quella persona): una donna ossessionata da followers, like, retweet, favorites, #followme e tutto ciò che riguarda il mondo social.
Tutto bene (sort of...) fino ad un imbarazzante incidente su un volo aziendale che la pone di fronte alla drammatica realtà: il bisogno di trovare amici reali e non followers digitali.
Per questo va da Henry Higenbottam (il sempre fantastico John Cho), un guru del marketing in grado di rebrandizzare tutto, perfino un disastro ambulante come Eliza.
Legends (TNT, pilot)

COS'È: Sean Bean che, avendo qui centordici identità, forse riesce a non schiattare almeno in una.
Forse.

Sulle numerose morti di Sean Bean abbiamo riso tutti, spesso scordandoci che parliamo di un attore davvero in gamba - e non solo nel trapassare.
Legends, però, non appare come una serie tv scritta con estrema cura ed attenzione, nonostante l'idea di base sia buona e semplice.
Seguiamo sin da subito le avventure di Martin Odum, un agente dell'FBI specializzato in azioni sottocopertura.
Martin, nonostante pareri discordanti dei medici (che non dovrebbero essere proprio quelli della mutua, ma si sa che il servizio sanitario americano ha i suoi problemi) in merito al suo servizio, è un vero portento nell'assumere identità altrui, cambiano movenze, accenti, cadenze e altri dettagli tipici della personalità di ognuno.
Con un piccolo espediente viene giustificato il suo claudicante accento americano (Bean è inglese) e tutto sommato il vederlo passare da una 'leggenda' all'altra è divertente e coivolgente.