COS'È: il film che ho provato ad evitare di recensire per così tanto tempo che ormai non posso più scrivere a nessuno senza che mi venga chiesto "oh, la rece di Django Unchained?".
L'avete voluta voi, l'avete.

Come si recensisce un film così, ovvero un'opera che vorrebbe essere remake se non omaggio di un'altra?
Beh, sia paragonandola con l'originale a livello di significati, trama ed innovazione stilistica, sia valutandola in maniera indipendente.
Ed incredibile a dirsi, ma Tarantino riesce a portarsi a casa un bel 4 in entrambi gli aspetti.

Partiamo dal parallelismo con l'opera di Corbucci.
Di questo film colpiscono sostanzialmente due aspetti: la genialità della mitragliatrice nella bara (io amo il trash duro e puro, lo sapete, non dite niente) e il finale che ho intenzione di dire qui, a chiare lettere, perché il primo che mi parla di spoiler in un film del '66 verrà scorticato vivo e trasformato in una pelliccetta che userò per superare questo rigido inverno.
Pronti?
Bene. In Django il protagonista affronta il nemico sulla tomba della moglie e lo sconfigge sparando SETTE colpi di pistola, dove il settimo si "intende" sparato dalla moglie morta per vendetta.
Un cazzo di capolavoro, amici.
Peccato che NULLA di quello che avete appena letto sia presente nel film di Tarantino.

'Sì, ma se lo faceva uguale ti lamentavi che era uguale'
No, piccoli pandistelle, non è vero: perché se vuoi omaggiare un film che ami, lo fai BENE, mantenendo gli aspetti peculiari, 'che tanto se sei un vero regista ci metterai del tuo nei movimenti di camera, nella fotografia, pure nel montaggio.
Non puoi prendere Alice Nel Paese Delle Meraviglie, infilarci dentro roba a caso e continuare a chiamare il film Alice Nel Paese Delle Meraviglie (capito, Tim?) perché, per quanto bello, è un altro film a cui, cortesemente, dai un altro titolo, almeno per onestà intellettuale.

Quindi, archiviato questo argomento, proviamo a valutare il film per quello che è.
Io, con tutto l'affetto che posso avere per la gente attorno a me, non riesco proprio a capire cosa c'avete trovato di bello.
Il film, a mio avviso, parte malissimo: la prima scena - e se negate siete falsi - è praticamente la ripresa del dentista con la pelle d'orso che c'è in True Grit dei Coen.
Ecco, True Grit non si nasconde dietro del citazionismo blando, con ammiccamenti ironici ed irrisori ma fini a se stessi. Per i Coen il cinema è una cosa seria, per loro rimaneggiare i classici significa mirare alla sopravvivenza della tradizione stessa: il loro Grinta dialoga con il film di cui è il rifacimento, e con il western in generale, senza vivere nella sua ombra. Ed infatti è un'opera enorme, anche se 'meno sorprendente' delle altre.
Tarantino, dopo l'ingiustificato (oh, a me è piaciuto) flop di Grind House, sembra peccare d'insicurezza, volendo dimostrare di saper stupire 'come piace a noi'; peccato che nel farlo si scordi di essere un regista.
Il risultato è pessimo: trama inesistente e assurdamente allungata, personaggi che mancano d'incisività, un cameo di Franco Nero davvero inutile ed inserito forzosamente, scenette che vorrebbero strappare un sorriso e invece ottengono solo un aggrottamento delle sopracciglia.
Perché in fondo il punto è questo: cosa voleva fare Quentin? Cosa ci voleva dimostrare? Dove ci voleva condurre? Per insegnarci cosa?

Siamo onorati che il cinema italiano dei tempi che furono sia nei cuore di decine e decine di cineasti di tutto il mondo, ma decisamente non è questo il modo di omaggiarlo.
E CON DUE PISTOLE NON MI STUPISCO. E' IL SUO CAZZO DI LAVORO, GIRARE ARMATO. SONO I SETTE COLPI CHE MI LASCIANO A BOCCA APERTA, IDIOTA.


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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

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1 commento:

  1. Assolutamente d'accordo. Finalmente qualcuno che ha il coraggio di scrivere una recensione 'critica' senza lasciarsi influenzare da quella che io chiamo: 'ansia da Tarantino'.

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